Il nostro nemico era l'Austria. Bisognava cacciarle il guanto dai primi giorni, fidare nella Lombardia e assalirla invece di aspettarne gli assalti. L'entusiasmo della guerra allo straniero, abborrito da tutti com'era, avrebbe sopito ogni interno dissidio e fondato l'Unitą nell'azione comune.
Per queste e altre ragioni determinai che l'iniziativa dell'insurrezione Nazionale si tenterebbe nelle terre Sarde, perni Genova e Alessandria; noi esuli invaderemmo, appena dato il segnale dall'interno, la Savoja, non solamente per dividere le forze ostili e per aprire un varco sino al centro del moto agli uomini che l'esperienza acquistata al di fuori chiamava a capitanarla civilmente e militarmente, ma per cacciare un anello tra i nostri e i repubblicani di Francia, che allora accennavano a diventare potenti e preparavano, tra gli operai, elementi numerosi di riscossa in Lione.
Tentammo l'esercito. Trovammo gli alti ufficiali renitenti, i bassi vogliosi di mutamento e arrendevoli al concetto dell'Italia Una e Repubblicana. Riuscimmo a impiantare relazioni con quasi tutti i reggimenti: nuclei d'attivi in alcuni e fila pił numerose nell'artiglieria in Genova e in Alessandria, dove stava a guardia degli arsenali. Affratellammo caporali, sergenti e capitani; a contatto continuo coi loro soldati son essi pił influenti dei capi; e ricordavamo i Cavalleggeri che disubbedienti, nel 1821, alla chiamata del loro colonnello Sammarzano, s'erano poco dopo lasciati trascinare all'insurrezione da un semplice capitano, l'adesione della legione procacciata dal sergente Gismondi e altri fatti consimili.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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