Nè io, sospetto di volere allontanato un rivale, avrei ottenuto fede, se non con prove documentate, ch'io non aveva, della sua mala condotta.
E come se quel viluppo di difficoltà pressochè insormontabili non bastasse, s'aggiungeva l'opposizione segretamente dissolvitrice di Buonarroti. Buonarroti in lega con me fino allora s'era fatto subitamente avverso a ogni nostro tentativo d'azione: angusto di vedute e intollerante nel suo giudicare degli uomini, ei vedeva nel mio collegarmi con Giacomo Ciani, con Emilio Belgiojoso, ch'era venuto a offrirsi ajutante di Ramorino, e con altri patrizî o ricchi lombardi ch'ei chiamava sdegnosamente i banchieri, una deviazione dai principî della pura democrazia; ma sopratutto, egli, cospiratore per tutta la vita a Parigi, ignaro assolutamente d'ogni elemento Italiano e neppur sognando che l'iniziativa potesse e dovesse un giorno trapiantarsi di Francia in Italia o in altra Nazione, non ammetteva che potesse cominciarsi un moto fuorchè - non dirò in Francia, perch'egli avversava pure i disegni del Lionese - ma in Parigi. E fulminò scomunica contro di noi: scomunica abbastanza potente, perchè tutti gli elementi Svizzeri che m'erano indispensabili erano affratellati nella Carboneria, ed egli costituiva, con Testa, Voyer di Argenson ed altri l'Alta Vendita della Setta. Io mi trovava a un tratto minato nelle parti vitali del mio lavoro, e sentiva tutte le ruote del congegno arrestarsi, senza poterne indovinare il perchè.
Com'io resistessi a ostacoli siffatti e rinascenti ogni giorno, non so.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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