La nostra forza era tale da rendere ogni valida resistenza in Saint Julien impossibile.
Io sperava che Ramorino s'attenesse al secondo partito insinuatogli e non venisse che dopo iniziata la mossa; ma fui deluso. Mi scrisse che sarebbe venuto a tempo. E questa sua promessa fu intanto cagione di nuovi indugi fatali allora più che mai. S'arrestò sulla via, mi mandò avvisi che mi trattennero di giorno, in giorno, e ci trascinarono fino al 31 gennajo, quand'ei giunse la sera, con due generali, polacco l'uno, spagnuolo l'altro, un ajutante, un medico.
Lo vidi. Stava sul suo volto il sospetto di chi sente d'essere sospettato e meritamente. Ei non levava, parlandomi gli occhi da terra. Io ignorava ancora gli accordi stretti col governo francese, ma presentii un tradimento possibile. Determinai stargli a fianco, e giunti che fossimo a Saint-Julien, negargli, occorrendo, il potere. L'insurrezione iniziata avrebbe probabilmente sentito la propria forza e concesso minor importanza al prestigio di un nome.
Non proferii parola sul passato. Gli diedi il quadro delle nostre forze. Gli comunicai il disegno di guerra. Gli proposi l'approvazione degli ufficiali. Accettò ogni cosa. Soltanto, allegando la responsabilità che pesava su lui, volle assumere sin d'allora il comando ch'io avrei voluto non cominciasse che a Saint-Julien: fu appoggiato da quanti fra i nostri vedevano nella supremazia militare la salute dell'impresa, e se ne giovò per istituire alcuni capi, quello fra gli altri che dovea guidare i polacchi destinati ad attraversare il lago da Nyon.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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