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      Tutti quei pretesi cosmopoliti che negano la missione delle razze e guardano disdegnosi al concetto o all'amore della Nazionalità, collocano - appena si tratti di fare, e quindi della necessità d'un ordinamento - il centro del moto nella propria Patria, nella propria città. Non distruggono le Nazionalità; le confiscano a prò d'una sola. Un popolo eletto, un popolo-Napoleone è l'ultima parola dei loro sistemi; e tutte le loro negazioni covano un nazionalismo invadente, se non coll'armi - ciò che è difficile in oggi - con una iniziativa, morale e intellettuale, permanente, esclusiva, che racchiuderebbe, pei popoli abbastanza deboli per accettarla, gli stessi pericoli(38).
      Gli avversi all'idea nazionale servono, inconscî, a un pregiudizio ch'io intendo senza dividerlo. Essi derivano la definizione della parola nazionalità dalla storia del passato. Quindi le obbiezioni e i sospetti.
      Or noi, credenti nella vita collettiva dell'Umanità, respingiamo il passato. Parlando di nazionalità, parliamo di quella che soli i popoli liberi, fratelli, associati, definiranno. La Nazionalità dei Popoli non ha finora esistenza: spetta al futuro. Nel passato, noi non troviamo nazionalità fuorchè definita dai re e da trattati tra famiglie privilegiate. Quei re non guardavano che ai loro interessi personali; quei trattati furono stesi da individui senza missione, nel segreto delle Cancellerie, senza il menomo intervento popolare, senza la menoma inspirazione d'Umanità. Che poteva escirne di santo?
      Patria dei re era la loro famiglia, la loro razza, la dinastia.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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