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      Il loro fine era il proprio ingrandimento a spese d'altrui, l'usurpazione sugli altrui diritti. Tutta la loro dottrina si compendiava in una proposizione: indebolimento di tutti per securità o giovamento dei proprî interessi. I loro Trattati non erano se non transazioni concesse alla necessità: le loro paci erano semplici tregue: il loro equilibrio era un tentativo diretto unicamente dall'antiveggenza di combattimenti possibili, da una diffidenza ostile e perenne. Quella diffidenza trapela attraverso tutte le mene diplomatiche di quel tempo, determina le alleanze, regna sovrana in quel Trattato di Vestfalia, ch'è parte anche oggi del diritto pubblico Europeo e il cui pensiero fondamentale è la legittimità delle razze regali dichiarata e tutelata. Come mai l'Europa dei re avrebbe potuto concepire e verificare un pensiero d'associazione e un ordinamento pacifico delle Nazioni? Essa non riconosceva principio superiore agli interessi secondarî e parziali nè credenza comune che potesse essere base e pegno di stabilità a' suoi atti. La dottrina delle razze regali legittime consacrava solo arbitro del futuro il diritto degli individui. E ne usciva un misero nazionalismo, che non è se non parodìa di ciò che il santo nome di Nazionalità suona oggi per noi.
      E allora, conseguenza dello spirito del Cristianesimo che non voleva sulla terra nemici, conseguenza pure della legge del Progresso che preparava le vie all'associazione, cominciò una grande inevitabile opposizione all'idea travisata della Nazione.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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