Cercati più ch'altri, riescimmo, noi Italiani a sottrarci. Lasciai, insieme ai due Ruffini e a Melegari, Ginevra. Rimanemmo celati per un po' di tempo in Losanna; poi prendemmo, tollerati, soggiorno in Berna.
Non erano
- io diceva in alcune pagine pubblicate in Losanna col titolo Sono partiti! parlando della persecuzione ai proscritti - "non erano che duecento; e nondimeno, al solo vederli, la vecchia Europa aveva, côlta d'odio e terrore, indossato l'antica armatura di note e protocolli per dar loro battaglia mortale e avea posto in moto contr'essi tutta quanta la turba de' suoi diplomatici, birri, sgherri d'aristocrazia, prefetti, uomini d'armi e spie sotto ogni guisa di travestimento. Da un punto all'altro d'Europa, tutta quella ciurma bifronte, diseredata di cose, che Dio tollera quaggiù come prova ai buoni, s'era raccolta alle porte delle ambasciate a riceverne gli ordini, poi s'era diffusa per ogni angolo della Svizzera, denunziando, calunniando, frugando. Era cominciata la caccia ai proscritti.
Per quattro mesi, le note piovvero, come grandine, come locuste, come mosche sopra un cadavere, sulla povera Svizzera. Vennero da Napoli, dalla Russia, dai quattro punti cardinali; e intimavano tutte, con linguaggio più o meno acerbo d'ira e minaccia: scacciate i proscritti.
Pur fingevano talora di disprezzarli. Erano, scrivevano i loro giornali, giovanetti inesperti, esciti di fresco dalla scuola, cospiratori in aborto. S'erano inebbriati di sogni e cercavano l'impossibile. Era giusto s'educassero, espiando le stolte illusioni; ma in verità non erano da temersi.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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