Voi vi dichiarate convinto che nella sua condizione presente l'Italia è incapace d'emanciparsi politicamente colle proprie forze. E questa idea è quella appunto che, predicata e diffusa, ha tolto ogni forza ai nostri tentativi d'emancipazione. Voi condannate all'impotenza ventisei milioni d'uomini che hanno per basi di difesa le Alpi, l'Apennino ed il mare, ed hanno, per rialzarsi, tremila anni di grandi ricordi. Voi rapite all'Italia ogni missione sulla terra, dacchè senza spontaneità non esiste missione, senza coscienza di libertà non esiste libertà, senza conquista d'emancipazione con forze proprie non esiste coscienza di libertà.
Non manca forza all'Italia, Signore: essa ne ha tanta da superare ostacoli due volte più gravi di quelli che abbiamo oggi a fronte. Manca all'Italia la fede; non la fede nella libertà, nell'eguaglianza e nell'amore - quella fede è manifestata nelle sue continue proteste - ma la fede nella possibile realizzazione di quelle idee, la fede in Dio protettore del diritto violato, la fede nella propria forza latente, nella propria spada. L'Italia non ha fede nelle proprie moltitudini che non furono chiamate mai sull'arena: non ha fede in quella unità di missione, di voti, di patimenti, che può fare d'una prima vittoria una leva potente a suscitare l'intera Penisola: non ha fede nel vigore ignoto finora dei principî, che non rifulsero mai sugli occhi del popolo, che non furono invocati mai e che dirigeranno, lo spero, la nostra prima impresa di libertà. Ma questa fede, unica cosa che manchi ad essa, albeggia, mentre noi ci scriviamo: sorge dalle lezioni del 1830 e del 1831 ch'essa, l'Italia, sta meditando: comincia a rivelarsi nei fatti, tra le file della gioventù illuminata, da dove scenderà a poco a poco sulle moltitudini; e progredirà, non dovete dubitarne, perch'essa veste i caratteri d'una credenza religiosa.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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