Poco m'importava anche allora che l'opinione dei più mi corresse avversa. Ma il sentirmi sospettato d'ambizione o d'altro men che nobile impulso dai due o tre esseri sui quali io aveva concentrato tutta la mia potenza d'affetto, mi prostrava l'anima in un senso di profonda disperazione. Or questo mi fu rivelato in quei mesi appunto nei quali, assalito da tutte parti io sentiva più prepotente il bisogno di ricoverarmi nella comunione di poche anime sorelle che m'intendessero anche tacente; che indovinassero ciò ch'io, rinunziando deliberatamente a ogni gioja di vita, soffriva; e soffrissero, sorridendo, con me. Senza scendere a particolari, dico che quelle anime si ritrassero allora da me.
Quand'io mi sentii solo nel mondo - solo, fuorchè colla povera mia madre, lontana e infelice essa pure per me - m'arretrai atterrito davanti al vuoto. Allora, in quel deserto, mi s'affacciò il Dubbio. Forse io errava e il mondo aveva ragione. Forse l'idea ch'io seguiva era un sogno. E fors'io non seguiva una idea, ma la mia idea, l'orgoglio del mio concetto, il desiderio della vittoria, più che l'intento della vittoria l'egoismo della mente e i freddi calcoli d'un intelletto ambizioso, inaridendo il core e rinegando gli innocenti spontanei suoi moti che accennavano soltanto a una carità praticata modestamente in un piccolo cerchio, a una felicità versata su poche teste e divisa, a doveri immediati e di facile compimento. Il giorno in cui quei dubbi mi solcarono l'anima, io mi sentii non solamente supremamente e inesprimibilmente infelice, ma come un condannato conscio di colpa e incapace d'espiazione.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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Dubbio
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