Insegnavamo ogni sera leggere, scrivere, aritmetica, un po' di geografia, disegno elementare e d'ornato. La domenica, raccoglievamo gli allievi a un discorso d'un'ora sulla storia patria, sulle vite de' nostri grandi, sulle più importanti nozioni di fisica, sopra ogni cosa che paresse giovevole a secondare e inalzare quelle rozze menti intorpidite dalla miseria e dalla abbietta soggezione ad altri uomini. Quasi ogni domenica per due anni parlai di storia italiana o di astronomia elementare, studio altamente religioso e purificatore dell'anima che, tradotto popolarmente ne' suoi risultati generali, dovrebbe essere tra i primi nell'insegnamento. E da forse cento discorsi sui doveri degli uomini e su punti morali furono recitati da Filippo Pistrucci, improvvisatore noto un tempo all'Italia, e che, creato da me direttore della scuola, s'immedesimò con zelo senza pari colla propria missione.
E fu un secondo periodo d'operosità fraterna e d'amore che rinverdì a forti e costanti propositi l'animo mio e quello di altri esuli tormentati. Era davvero una santa opera santamente compita. Tutto era gratuito nella scuola. Direttore, vice-direttore - ed era un Luigi Bucalossi toscano, infaticabilmente devoto - maestri, quanti s'adopravano intorno all'istruzione degli allievi, s'adopravano non retribuiti. Ed erano tutti uomini che avevano famiglia e la sostentavano col lavoro. Insegnavano il disegno Scipione Pistrucci, figlio del direttore, e un Celestino Vai, vecchio bresciano, al quale era affidata la custodia della scuola, impiegato oggi in Milano nell'ufficio dell'Unità e del quale non vidi mai uomo più amorevole agli allievi, più convinto del dovere di tutti noi verso i poveri ineducati.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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