Di quell'intervallo di stanchezza e d'inazione forzata da parte nostra si giovarono i moderati.
La prima loro manifestazione fu nel 1845 in Rimini. E quasi a dichiarare l'assoluta assenza d'idee politiche, inalzarono bandiera bianca. Bensì, dovendo pur dire al popolo agitato, perchè movessero, diffusero un manifesto steso dal Farini ch'era pallida copia del memorandum dato inefficacemente dalle potenze al papa nel 1831. Quel manifesto sostituiva al moto nazionale i moti locali; allo grandi vitali quistioni dell'indipendenza, dell'unità, della libertà i miglioramenti amministrativi economici.
Io so che i più tra i capi dei moderati avevano essi pure nell'animo - non dirò la libertà, della quale non curano o poco - ma l'indipendenza d'Italia, la questione nazionale, la cacciata dello straniero. Dico che il metodo loro insegnava a disperarne per un lungo indefinito periodo di tempo e sviava dal segno, che noi gli avevamo additato, l'educazione del popolo. Dico che moltissimi fra quelli uomini non volevano l'unità, nessuno la credeva possibile. E dico che se i principi più avveduti, meno tristi e meno spronati dalla fatalità che li sospinge, per somma ventura e legge dei tempi, a rovina, avessero tanto quanto soddisfatto a quel monco programma, noi non avremmo oggi ventidue milioni d'Italiani stretti a unità di nazione, ma il vecchio mosaico di grandi e piccole monarchie e leghe più o meno ipocrite e traditrici. Quelle leghe furono l'ideale dei pensatori del partito: da Balbo fino a Cavour.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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