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      Troppo grandi cose avete da fare, perchè vi sia lecito pensare alle locali vertenze. Avete in mira, voi come Milano, come tutte le altre città dello Stato, i destini di venticinque milioni d'uomini che vi sono fratelli, il rinnovamento della terra che v'ha dato vita la creazione d'un popolo, gran parte dei fati europei, però che i fati europei dipendono essenzialmente da noi. E a compiere i vostri doveri, avete d'uopo di miracoli d'amore; avete d'uopo di sorridere come a gioja suprema, ad ogni sagrificio d'individualità, che le circostanze vi chieggano. Ho sentito ieri, vedendo sfilare i soldati del reggimento Ceccopieri tornati alla bandiera della patria, un bisogno prepotente d'abbracciar con amore il mio primo nemico, un bisogno di qualche grande sagrificio pel bene comune, per farmi degno della mia contrada. Voi tutti sentite com'io sento..." Nè queste idee furono tradite mai da me e da' miei amici. Le mantenemmo fedelmente, tra diffidenze, calunnie e minacce, per tutto il periodo della guerra regia. Forse, se tutti gli uomini di parte nostra si fossero schierati risolutamente con noi intorno al programma: Guerra e Costituente Nazionale dopo la guerra, che poggiava su promesse solenni date da Carlo Alberto e dal governo provvisorio, la lotta contro l'Austria avrebbe avuto esito diverso. Ma i più tra i nostri si diedero, come dissi, senza patti. La monarchia rimase incondizionatamente padrona.
      Il giorno istesso in cui doveva, in seno al governo, discutersi il malaugurato decreto della fusione, comparve inaspettato nella mia stanza Cesare Correnti, seguito da Anselmo Guerrieri, e mi parlò, com'uomo che v'intravvede rovina, della proposta.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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