Dissi a lui e al Guerrieri ciò ch'io avea detto poche ore prima a un altro membro del governo, Durini, che m'aveva inutilmente tentato perch'io aderissi. La fusione subitamente richiesta e con aperta violazione dei patti, dal re era indizio certo ch'ei sentiva le sorti della guerra corrergli avverse e premeditava ritrarsi, ma con un documento di signoria da dissotterrarsi quando che fosse in futuro. L'adesione intanto persuaderebbe la Lombardia del contrario e infondendole più sempre fede nella determinazione del re, l'addormenterebbe a stimarsi secura e difesa quando appunto importava risuscitarne l'energia e prepararla a salvarsi da sè. Le promesse tradite irriterebbero i partiti che si erano persuasi per amor di patria a tacere. L'ingrandimento della monarchia di Savoja, non più sospetto ma fatto, darebbe a tutti gli altri principi d'Italia il pretesto, da lungo cercato, per separarsi da una guerra senza speranza per essi. Il re, soddisfatto d'avere conquistato un diritto alle terre lombarde, si rassegnerebbe più facilmente a differirne l'attuazione e cedere per allora il campo all'Austriaco. La Lombardia, non più alleata ma suddita, perderebbe ogni opportunità di preparare la propria difesa, e perderebbe, soggiacendo, anche l'unico vanto, prezioso per l'educazione e per l'avvenire d'Italia, d'aver mirato a fondare, anzichè un misero regno del Nord, l'unità nazionale. Queste e altre cagioni trovavano assenso nei due, i quali si dichiaravano deliberati in ogni modo d'opporsi e chiedevano d'intendersi con me sul come.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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