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      Riferii quelle parole agli amici: diffidavano tutti. Pensai nondimeno che s'egli avea male operato, i casi di Milano erano tali da guarire radicalmente chi non fosse profondamente corrotto. E divisai d'avviarlo a Venezia, dove il popolo teneva levata in alto la bandiera tradita dalla monarchia. In Lombardia, Garibaldi errava tuttavia in armi tra Como e Varese. Migliaja d'esuli s'accalcavano nel Cantone Ticino e potevano, se una opportunità s'affacciasse, rivarcare la frontiera. Gli spiriti duravano in fermento nelle valli bergamasche e bresciane, importava dare un centro visibile, una bandiera, una direzione semi-legale all'agitazione e mi pareva che dovesse trovarsi in Venezia. Manin v'era l'anima della difesa. Deliberai dunque d'inviargli Correnti a dirgli le nostre forze, le nostre speranze e persuaderlo che concentrasse in sè la direzione del moto, additasse il dovere alla Lombardia e dicesse: Venezia, emancipata dal tradimento, combatte non per sè, ma per tutti: stringetevi tutti intorno alla sua bandiera repubblicana. Il pentito accettò la proposta festante: ebbe lettere e danaro da noi; e partì, accompagnato da un fidatissimo nostro, Ercole Porro.
      Non so che cosa ei dicesse a Manin: so che Manin nulla fece di quanto era debito suo; ch'ei, Correnti, non si fece mai vivo con noi; e che lo udimmo poco dopo in Torino, faccendiere di quella inetta, assurda, aristocratica congrega che s'intitolava Consulta e accoglieva Casati e quanti altri avevano con lui rovinato il paese.
      Ho citato fra i tanti quest'incidente perch'altri indovini quale storia io potrei tessere dei moderati di quel periodo - perchè gl'Italiani v'imparino a non fidarsi, fino a vittoria compiuta, di subiti pentimenti - e perchè i giovani vedano come le tendenze scettiche possano travolgere a bassa e sleale condotta le menti più svegliate e chiamate ad altro.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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