Roma era il sogno de' miei giovani anni, l'idea madre nel concetto della mente, la religione dell'anima; e v'entrai, la sera, a piedi, sui primi del marzo, trepido e quasi adorando. Per me, Roma era - ed è tuttavia malgrado le vergogne dell'oggi - il Tempio dell'umanità; da Roma escirà quando che sia la trasformazione religiosa che darà, per la terza volta, unità morale all'Europa. Io avea viaggiato alla volta della sacra città coll'anima triste sino alla morte per la disfatta di Lombardia, per le nuove delusioni incontrate in Toscana, pel dissolvimento di tutta la parte repubblicana in Italia. E nondimeno trasalii, varcando Porta del Popolo, d'una scossa quasi elettrica, d'un getto di nuova vita. Io non vedrò più Roma, ma la ricorderò, morendo, tra un pensiero a Dio e uno alla persona più cara, e parmi che le mie ossa, ovunque il caso farà che giacciano, trasaliranno, com'io allora, il giorno in cui una bandiera di repubblica s'inalzerà, pegno dell'unità della patria italiana, sul Campidoglio e sul Vaticano.
Le cagioni che mi determinarono a trasvolare sul 1848 militano identiche perch'io mi taccia sulla storia dei quattro mesi che corsero dal mio giungere in Roma fino alla caduta della repubblica. Non potrei dir tutto. E mi limiterò ad accennare per sommi tocchi la parte mia e il concetto che governò gli atti miei. Nella pagina gloriosa che Roma scrisse in quel breve periodo, l'individuo dovrebbe sfumare. Pur sono anch'io repubblicano e la mia vita, comunque poca cosa, è parte della tradizione repubblicana.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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