Nè allora io presentiva pericoli dalla Francia; ma li presentiva inevitabili, presto o tardi, dall'Austria. E dov'anche l'Austria non avesse assalito, dovevamo prepararci ad assalirla noi. Ridestare l'Italia contro l'eterno nemico; iniziare una nuova crociata e dire col fatto al paese: la repubblica farà ciò che la monarchia non seppe o non volle; era quello il mio disegno. Preparare la resistenza a un pericolo, che poteva essere imminente e preparare a un tempo l'azione futura se quel pericolo non si verificasse, era ciò ch'io adombrava, dicendo in quei giorni all'Assemblea: bisogna lavorare come se avessimo il nemico alle porte e a un tempo come se si lavorasse per l'eternità.
Il 16 marzo, proposi all'Assemblea l'elezione d'una Commissione di guerra composta di cinque individui, che dovesse studiare i modi migliori d'ordinamento per l'esercito e provvedere all'altra necessità di difesa e d'offesa. Il 18 la Commissione era eletta. Carlo Pisacane ne era anima e vita. E con lui io m'intendeva compiutamente.
Al sistema inefficace dei distaccamenti sparsi su tutti i punti della lunga frontiera meridionale, sostituimmo, pensando alla difesa, il concentramento delle forze su due punti, Bologna e Terni; e a questo concentramento anteriore fu dovuta in parte la possibilità della prolungata difesa di Roma.
Alla cifra di 16,000 uomini sostituimmo, pensando all'offesa, quella di 45,000, cifra facile a raggiungersi colla coscrizione nello Stato e cogli elementi che potevamo agevolmente raccogliere dall'altre parti d'Italia.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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