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      Il Piemonte intanto, in parte per timore di vedere l'iniziativa nazionale trapassare dalla monarchia alla bandiera repubblicana, in parte per altre cagioni, intimava nuovamente la guerra all'Austria. La repubblica romana non era stata riconosciuta dal Piemonte. E nondimeno, bastò la lettura del bando che annunziava imminente le ostilità perchè, affogata nell'entusiasmo ogni considerazione, la Repubblica decretasse spontanea, senza alcun patto, l'invio di 10,000 uomini, capo il tenente colonnello Mezzacapo: spontanea, dico, perchè Lorenzo Valerio non giunse, con missione semi-officiale d'intendersi in Roma se non dopo il decreto. Il 21 marzo, i soldati di Roma partivano. Se non che quattro giorni bastarono a quella misera guerra regia, iniziata il 20, e conchiusa, colla colpa e colla vergogna di Novara, il 24. La monarchia vedeva poco dopo Roma assalita dallo straniero, senza neanche una parola di protesta a suo pro.
      Il 29 marzo fui scelto Triumviro. Aurelio Saffi e Armellini mi furono colleghi.
      Il 17 aprile confermammo con decreto le proposte anteriori sulla cifra e sull'ordinamento dell'esercito. Avevamo già sui primi di quel mese tentato ogni modo per avere in Roma la Divisione lombarda, forte di 6 a 7000 uomini: ma il governo sardo, ajutato dal general Fanti, deluse, ingannando, il disegno(57).
      Il 25 aprile i Francesi erano in Civitavecchia. Non avevamo avuto un mese di tempo per ordinare le forze, assestar la finanza, rimediare al difetto d'artiglierie, provvederci d'armi.
      Con quei che scrissero essere stato errore il resistere non è da discutersi.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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