Per questo noi avevamo fatto anzi tratto gremir Roma di barricate: alla guerra delle mura doveva sottentrare la guerra delle strade; e in Roma sarebbe stata tremenda. Quella guerra fu resa impossibile dai Francesi i quali s'appagavano visibilmente di padroneggiare la cittā dalle alture occupate e ridurla, strema com'era di vettovaglie, ad arrendersi. Ma l'idea di prolungare la lotta finchč ci rimanesse un uomo e un fucile era siffattamente elementare nell'animo mio che, disperata ogni difesa in Roma, proposi un altro partito: escire dalla cittā: escirne col piccolo esercito e coi popolani armati che volessero seguirci: escirne noi Triumviri accompagnati dai ministeri e se non da tutta, da una numerosa delegazione dell'Assemblea, tanto da dare alla mosse dell'esercito autoritā legale e prestigio sulle popolazioni. Allontanarci rapidamente da Roma, approvvigionarci sull'Aretino, gettarci poi tra Bologna e Ancona, sulla linea di operazione austriaca, e cercare con una vittoria di risollevar le Romagne; era quello il disegno mio. I Francesi avrebbero cosė occupato Roma senza vincere la repubblica e sotto una perenne minaccia; nč avrebbero potuto seguirci sul nuovo terreno se non combattendo a pro dell'Austria e smascherando l'infamia dell'invasione davanti alla loro patria e all'Europa. E fu il disegno tentato da Garibaldi, ma con poche migliaja raccozzate da corpi diversi, senza artiglieria, senza appoggio d'autoritā governativa e in condizioni che vietavano ogni possibilitā di successo.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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