Queste cose furono dovute all'istituzione repubblicana, ai forti istinti del popolo ridesti dall'esistenza d'un governo suo, alla formola Dio e il popolo che diede subitamente a ciascuno coscienza del proprio dovere e del proprio diritto, alla nostra fiducia nelle moltitudini, alla fiducia delle moltitudini in noi. La monarchia non aveva saputo, con 45,000 soldati e col Piemonte a riserva, trovare in Milano altra via di salute che il tradimento. E mentr'io scrivo, la monarchia, con mezzo milione d'armati tra soldati regolari, volontari e guardie nazionali mobilizzabili - con un vasto materiale di guerra - con mezzi finanziari considerevoli - con ventidue milioni d'Italiani invocanti Venezia - esita ad assalire, sul terreno italiano, le forze austriache.
Viva la repubblica! Il sentimento repubblicano poteva solo ispirare tanto valore agli Italiani. Sono parole contenute nella relazione scritta a nove ore di sera del combattimento del 3 giugno da Luciano Manara.
Non so quanto i Romani ricordino oggi il 1849. Ma se le madri romane hanno, come dovevano, insegnato ai figli la riverenza ai martiri repubblicani, in quell'anno, della loro città - se additarono loro sovente il luogo ove cadde ferito a morte il giovine poeta del popolo, Goffredo Mameli - il luogo ove Masina, già indebolito da un colpo e con diciannove seguaci, avventò il cavallo contro una posizione difesa da 300 francesi e moriva - il luogo ove perivano senza ritrarsi, combattendo venti contro cento, Daverio e Ramorino - Villa Corsini - Villa Valentini - il Vascello - Villa Panfili - le pietre dei dintorni di Roma santificate quasi ciascuna dal sangue d'un caduto col sorriso sul volto, col grido repubblicano sul labbro - Roma non sarà, sorgendo, profanata - o nol sarà lungamente - dalla monarchia (1864).
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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