La condotta di parte nostra, determinata dall'iniziativa altrui e da fatti che si svolsero indipendenti dalla nostra fede, risulterà chiara a chi vorrà esaminarla spassionatamente: noi ci limitammo a trarre il migliore partito possibile dagli eventi, perchè il paese se ne giovasse a tener sospesa sul capo agli uomini, che a noi sottentravano, la spada di Damocle della Rivoluzione; perch'essi inoltrassero a forza sulla via, non foss'altro dell'Unità Nazionale. Ma, in quel periodo di tempo tentammo una iniziativa, della quale giova parlare perchè generò, a mio credere, conseguenze importanti.
La Lombardia era, per colpe monarchiche, nuovamente dominio dell'Austria; ma aveva, con fatti, provato d'essere capace d'emanciparsi per virtù di popolo. Venezia era caduta, ma dopo lunghe eroiche prove e come chi vince. Roma era dei Francesi e del Papa, ma l'esito morale della battaglia era nostro: redenta davanti all'Italia, la sacra Città era per la terza volta centro e perno delle aspirazioni della Nazione. S'anche le anime nostre fossero state capaci di sconforto, non ne avevamo cagione.
Ci raccogliemmo, dopo la caduta di Roma, in Losanna, Aurelio Saffi, Carlo Pisacane, Mattia Montecchi ed io. Altri profughi ci raggiunsero, collocandosi nei paesetti fra Losanna e Ginevra. Imprendemmo senza indugio - settembre 1849 - la pubblicazione dell'Italia del Popolo, collezione di scritti mensile, il cui programma era, com'io diceva, nella parola escita il 9 febbrajo da Roma, madre comune e centro d'Unità a tutte le popolazioni d'Italia e nella missione che all'Italia assegnano la tradizione e la coscienza popolare.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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