In Genova, dove, giovandosi della semi-libertā concessa dallo Statuto, il popolo s'accalcava a pubbliche manifestazioni, anche l'elemento militare s'affratellava: un sergente di bersaglieri prorompeva, in un banchetto d'oltre a duecento individui, in quel grido che dovrebbe suonare per tutto l'esercito nazionale: anche la truppa č popolo, e Francesco Quetand, della Brigata Savoja, parlando per tutti i suoi commilitoni, osava proferire il mio nome e quello di Garibaldi, e conchiudeva: le nostre armi non si tingeranno mai del vostro sangue ch'č nostro sangue, perchč noi non abbiamo che una madre(58). E in Roma, l'Associazione alla quale accennai s'era, in un anno, fatta potente di tanto, che dichiarava a mezzo il 1851 compito il lavoro preparatorio e scioglieva, entrando in un secondo periodo, il suo Comitato, per istituire una Direzione Centrale, incaricata di studiare i modi e le opportunitā dell'azione. A quella Direzione, affidata a un uomo singolare per intelletto, per fede, per cuore e per illimitato spirito di sagrificio, era mia mente d'accentrare a poco a poco tutti gli elementi nostri in Italia.
E da tutto quel lavoro sorgeva spontanea una parola: Repubblica. La stampa clandestina milanese saettava continuamente i tentativi dei monarchici lombardi ricoverati in Piemonte. Il Comitato Siciliano scriveva in fronte ai suoi Atti la formula: Dio e il Popolo. Repubblicano si chiariva il Comitato dei Siciliani in Parigi. Repubblicana era la stampa segreta toscana. Di Roma non occorre ch'io dica.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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