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      Ma in Genova, quando l'11 giugno 1850, in un pubblico convito, l'avv. Brofferio avventurava parole, che a torto o ragione furono interpretate come favorevoli alla federazione e alla monarchia, un grido unanime gli rispose: Viva Roma, capitale della Repubblica Italiana! Noi non avevamo provocato l'espressione di quella tendenza; ma dovevamo raccoglierla e movere un passo innanzi. Non potevamo pretendere di guidare con bandiera neutra un lavoro generale, che inalberava la bandiera repubblicana.
      Come membro del Comitato Europeo, apposi, nell'agosto del 1851, il mio nome a un suo Atto, che s'indirizzava agli Italiani e additava loro come sola via di salute l'istituzione repubblicana. Per quel fatto, Giuseppe Sirtori c'intimò, con parole dissennatamente irritate, di protestare, come Comitato Nazionale, contro quell'Atto o d'accettare la di lui dimissione. Accettammo la dimissione, dichiarando "che il Manifesto del Comitato Europeo non racchiudeva contradizione alcuna col nostro e che il consiglio dato agli Italiani d'attenersi, pel moto futuro, al simbolo repubblicano, era conseguenza logica del principio di Sovranità Nazionale da noi sancito."
     
      Di mezzo a quel fervore d'apostolato, io guardavo sempre all'Italia e alla possibilità di ridestarla all'azione. E l'opportunità non tardò a rivelarsi.
      S'era formata, spontanea, ignota a noi tutti, nel 1852, in Milano, una Fratellanza segreta di popolani, repubblicana di fede e con animo deliberato di preparare l'insurrezione e compirla. Non s'era rivolta per ajuti e consigli ad abbienti o letterati; non aveva cercato contatto con noi: aveva prima voluto esser forte.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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