Il secondo, dov'erano centoventi uomini con tre ufficiali e due obici carichi a mitraglia, collocati davanti al portone, presentava più gravi difficoltà; ma il punto aveva per l'insurrezione importanza strategica, e s'era scelto a punto di concentramento per gl'insorti d'una larga sezione della città: il popolano - non ricordo il nome e men duole, ma trafficava carbone e teneva bottega - eletto a impadronirsene co' suoi, doveva, riuscendo, afforzarvisi, chiudendo ogni ingresso e lasciando aperta a metà quello soltanto dove erano gli obici destinati a proteggerlo. Il Castello era punto naturale di concentramento al nemico, minaccia temuta più del dovere dalla città e racchiudeva, oltre quei del presidio, 12,000 fucili: la sorpresa era dunque cosa vitale per noi e s'era accertata in modo da non ammettere, se ignaro il Governo, un'ombra di dubbio: diciotto uomini, scelti fra i più arrischiati e comandati dal Capo di tutto quanto l'ordinamento, dovevano avventarsi improvvisi col pugnale alla mano sui diciotto soldati messi a custodia della prima corte; e, a un segnale dato, due squadre di popolani, sommanti a trecento incirca, comandate una dall'Assi, l'altra da un falegname capo di bottega, il cui nome m'è ignoto, dovevano irrompere a corsa da tutti i luoghi dove, in vicinanza del Castello, i capi li avrebbero, poco prima della fazione, appostati. I pochi soldati rimasti, dispersi nei cameroni, inermi e côlti alla sprovveduta, non avrebbero di certo potuto resistere a quella piena.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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