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      GIUSEPPE MAZZINI.
     
      I.
     
      Roma era caduta; ma come chi deve infallibilmente risorgere. I Francesi occupavano le mura e le vie della città e cancellavano le insegne e la sacra formola della Repubblica; ma non potevano cancellare due grandi fatti, conseguenza dell'eroica difesa: il Papato moralmente spento e l'unità italiana moralmente fondata. Il Papa, rimesso in seggio da una gente materialista, affogava nel sangue dei martiri d'una nuova fede; e l'Italia aveva trovato il suo centro. Parvemi che la conquista fosse tale da non doversi commettere alle incertezze, all'anarchia del partito, e che fosse pensiero degno del luogo il cacciare nel terreno della sconfitta il germe della vittoria futura. E prima di ritrarmi, ultimo fra i noti, da Roma, lasciai fondata l'Associazione Nazionale. Il Comitato Nazionale doveva esserne il centro visibile.
      Quale era il mio intento, quale era il nostro, dacchè allora eravamo tutti concordi? L'azione: l'azione fisica, diretta, insurrezionale. Riordinando l'Associazione, noi intendevamo ordinare il partito all'azione. Il Comitato Nazionale doveva condurlo fino al punto in cui l'azione fosse possibile; poi sparire tra le file del popolo combattente.
      Due anni prima, la missione degli influenti nel Partito poteva essere diversa. Viveva abbastanza diffuso, conseguenza naturale d'una oppressione stolta e feroce ad un tempo, l'abborrimento all'austriaco, ma localmente, senza vincolo, senza simbolo, senza speranza comune. La nazione era aspirazione di menti e d'anime elette, non fede di moltitudini.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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