In Venezia, guerra, bombe, colèra e fame non avevano potuto suscitare un tumulto, strappare un gemito. I nostri giovani militi s'erano fatti, in pochi mesi di combattimenti, vecchi soldati. E tutti questi miracoli di virtù guerriera e di sacrificio s'erano compiti in un fremito di patria comune, sotto la grande ombra d'una bandiera che portava il nome d'Italia. E l'ultima codarda illusione che aveva affascinato il popolo a credere possibili fondatori di libertà nazionale un papa ed un re, s'era logorata e per sempre in un esperimento, al quale io, non volendo che la bandiera repubblicana si contaminasse, al primo apparire, di guerra civile, aveva assistito, cupamente rassegnato e con dolorosa pazienza, che mi fu poi, da uomini pazienti allora, oggi più che pazienti, rimproverata. Davanti a cosiffatte innegabili rivelazioni, con un popolo ridesto alla fede, che aveva in due anni imparato, non solamente a morire, ma a vincere, le parti d'un Comitato Nazionale non eran più dubbie.
Fondare all'interno l'unità del Partito: concentrarne la forza a principî comuni, a intento comune: preparare le cose in modo che l'impresa, ove fosse vigorosamente iniziata in un punto, diventasse infallibilmente impresa nazionale italiana: predicare il dovere e la possibilità dell'azione: poi, quando il popolo decretasse di movere, ajutarne, con un po' di materiale raccolto, le prime mosse.
Fondare, all'estero, l'unità della Democrazia: cacciar le basi dell'alleanza futura dei popoli nell'alleanza, sopra un terreno comune, degli influenti sul partito attivo in ogni Nazione: far sì che, data una iniziativa italiana, fosse rapidamente seguita dai popoli aggiogati ora sotto l'Austria e ajutata di favore operoso dagli altri.
| |
Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
|
|
Venezia Italia Comitato Nazionale Partito Democrazia Nazione Austria
|