Il Comitato Nazionale prometteva di sciogliersi davanti al Governo d'insurrezione: la nostra missione era quella d'agevolare l'insurrezione, non di dirigerla. E davanti al Concilio della Nazione, il Governo d'insurrezione dovea render conto, sciogliersi, o portar la testa sul palco. Norme siffatte, accettate, predicate, radicate per tutto quanto il partito, bastavano per sè sole a spegnere ogni pericolo d'usurpazione; ma s'altre, più positivamente proteggitrici, fossero state credute necessarie per quel primo periodo, il popolo le avrebbe architettate e sancite. Quanto ai cento problemi dell'avvenire, noi collettivamente, non dovevamo occuparcene; ed era debito del Comitato educare, coll'esempio, gli animi a fidare nel senno, raccolto in Assemblea, del paese. Solamente, poi che senza tradir la nazione non potevamo non dirci unitarî, aggiungevamo che l'unità vagheggiata non era l'unità napoleonica - che non dovrebbe confondersi col concentramento amministrativo - che l'associazione e la libertà, la Nazione ed il Comune, erano, due eterni elementi, sacri egualmente, dello Stato, come per noi si ideava; - e che all'elemento reale, storico, del Comune, ampliato e sostituito all'elemento fattizio, arbitrario, degli Stati d'oggi, doveva senz'altro attribuirsi quanta forza bastasse a non renderne illusoria la libertà, quanta indipendenza potesse localmente ordinarsi senza travolgere la Nazione nell'anarchia di vita politica e d'educazione.
IV.
Non so s'io m'illuda: ma non parmi che queste norme possano formar soggetto, da una in fuori, di controversia da chi accetti pel paese la necessità d'una crisi rivoluzionaria: sgorgano da una logica elementare documentata da quante rivoluzioni vollero riescire a buon porto e riescirono.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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