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      Nessuno lo credeva. Quanti s'accostavano a noi sapevano e udivano ripetersi dalle nostre labbra che noi, pronti a seguire s'altri facesse, tenevamo l'Italia capace, come ogni altra nazione, di fare ed esser seguita. Se v'è taluno tra i nostri ch'oggi affermi il contrario, o dimentica o inganna. Io non ingannai nè dimentico. E questo mio serbarmi indeclinabilmente fedele al primo proposito, rimprovero, credo, acerbissimo, checchè millantino, a quei che mutano ad ogni tanto o dicono ciò che non pensano, è sorgente precipua d'ire e d'accuse. Se non che a me torna più conto di starmi in pace colla mia coscienza, che non cogli uomini de' miei giorni; porto, come i cavalieri crociati, il mio simbolo sul petto e morrò con esso.
      La coscienza mi dettava allora, com'oggi: che ad ogni uomo della mia terra, il quale mi richiedesse del fine a cui s'ha da tendere, io dovessi rispondere: all'azione: - ch'io predicassi, come obbligo oggi supremo d'Italia, il prepararsi a insorgere e insorgere: - ch'io nondimeno non dovessi illudere, affascinare gli animi a moti non desiderati, sostituendo al loro il giudizio mio: - ma che qualunque volta, da uomini capaci di rappresentare il voto delle moltitudini, mi fosse detto: vogliamo agire, io dovessi dir loro: "Dio benedica il generoso concetto," e, come meglio potessi, ajutarli. Non ho tradito alcuno di quei consigli. Quei che maravigliano in oggi del mio dire al paese di lavorare ad insorgere, dimenticano ch'io, da ventiquattro anni, predico la stessa cosa: quei che mi accusano d'aver detto o di dire: insorgete comunque; insorgete anche pochi; insorgete a ogni patto, affermano, consci o inconsci, quel che non sanno.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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