La forza delle cose avrebbe deciso e deciderà sempre in favore dell'opinione ch'io mantengo. La convocazione d'una Assemblea qualunque, esige un vasto tratto di terreno assicurato dall'insulto nemico, tregua a quel primo stadio di guerra che assorbe il popolo tutto nell'azione incessante, redazione di legge elettorale, comizî, voto, comunicazione agli eletti, riunione da punti diversi, verificazione: in tutto quel tempo l'insurrezione deve pur governarsi; avrà capi quindi e autorità direttrice, e se i primi passi di quell'autorità avranno creato vittorie, se avranno rivelato al paese gli uomini potenti di concetto e audaci nell'eseguire che hanno, più ch'altri, fede e sanno infonderla nelle moltitudini, non un'Assemblea prematura oserà balzarla di seggio finchè dureranno i supremi pericoli. Ma le reticenze, le transazioni colla propria e coll'altrui credenza, e le tattiche dei machiavellucci parlamentari, arnesi buoni per monarchici e monarchie, minacciarono di troppo in questi ultimi anni l'educazione repubblicana del nostro popolo, perchè s'accettino da noi. E però dissi allora e ridico: che il fidare le sorti d'una insurrezione italiana ad un'Assemblea convocata dai primi tempi, riescirà, se mai si facesse, a moltiplicare gli ostacoli e i pericoli sulla via dell'insurrezione, senza educare il popolo a libertà vera o proteggerlo dalle brighe degli ambiziosi. La nostra insurrezione potrà vincere - tante sono le forze che possono adoprarsi in Italia - rapidamente: un anno, sei mesi forse - e gli uomini delle guerre governative sorridano a posta loro - basteranno, tante sono le conseguenze, possibili altrove, d'un moto nazionale italiano, a far sì che si segni la pace oltr'Alpi; ma a patto che la battaglia sia di giganti; a patto che le forze interne si concentrino tutte a un intento da una volontà ferrea, non indugiata da gelosie, paure o riguardi; a patto che le conseguenze dell'insurrezione italiana si rendano inevitabili all'estero coll'audacia che lacera in viso ai regnanti trattati e protocolli di diplomazia e costringe le nazioni schiave a trasalire fra i ceppi, a sentire il tocco d'un'ora di vita suprema voluta da Dio, a salutare con entusiasmo di fiducia il popolo iniziatore; a patto che le operazioni, maturate, ordinate nel segreto assoluto, prorompano, inaspettate, come colpi vibrati in duello; a patto che gli animi, i pensieri, le azioni del popolo insorto, sollecitato, affascinato dalla fredda audacia dei capi, non si sviino un solo istante dal grande, dall'unico intento, insurrezione, guerra, vittoria.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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