A me, nell'udire tanti puritani di libertà affaccendarsi dall'esilio a custodire dalle ambizioni possibili la patria futura, veniva spesso sul labbro: che! sognate un Cesare in ogni patriota, a cui lo studio delle rivoluzioni suggerisca idee dissimili dalle vostre, e non sapete giurare a voi stessi di essergli Bruti?
VI.
Queste cose dicevamo, in termini assai più miti e meno assoluti, agli avversi; e aggiungevamo: "tra le opinioni nostre e la vostra, avremo giudice supremo il paese: noi non abbiamo desiderio di costringere il paese ad accettarle, nè potenza per farlo; il primo giorno dell'insurrezione vedrà disciolto il Comitato Nazionale: a che dunque aspreggiarsi e dividersi per questioni siffatte? D'una sola cosa siamo tutti debitori all'Italia: d'operare ad affrettarne l'emancipazione: uniamoci per questo intento. Il Comitato Nazionale è oggimai un fatto: e voi non potete fare che i fatti non siano. Noi concentriamo elementi d'azione importanti d'intorno a noi: abbiamo fiducia dalle democrazie nazionali straniere, e simpatia lentamente conquistata dai buoni d'Inghilterra e d'America, e qualche mezzo materiale raccolto. Voi non potreste - nè dovreste volerlo - rompere, disperdere questo cominciamento d'unificazione, prezioso per la terra nostra; ma potete dargli, cooperando, più vigoroso sviluppo e migliorarlo e trasformarlo gradatamente. Venite: ci avrete fratelli, non capi." Io ricordo d'aver scritto, insistendo, a uno de' principali tra loro, che se temevano di soggiacere a idee preconcette, o ad influenze che non amavano, d'individui, venissero in tre, in quattro, in cinque: sarebbero tutti accettati e formerebbero maggioranza; però che noi non fidavamo in altra potenza che in quella del vero; e lo avremmo discusso tra noi.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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