Nel Lombardo-Veneto sta la chiave, il punto strategico dell'insurrezione italiana. Pel peso d'una tirannide efferata quanto l'Austriaca, per somma minore d'ostacoli, dacchè quella tirannide s'appoggia su forze nazionali per importanza militare di posizione, per materiale da guerra, ozioso in oggi e prezioso ad una impresa emancipatrice, Napoli dovrebbe, non v'ha dubbio, assumersi gli onori dell'iniziativa. Pur nondimeno - e dacchè, lo scrivo con dolore, Napoli sembra dimenticare la lunga splendida tradizione di martiri e di nobili tentativi ch'essa diede alla Patria comune - le migliori speranze del Paese accennano, siccome a Roma per l'idea, alle terre Lombarde per l'azione decisiva insurrezionale. Il nostro principale nemico è l'Austriaco: e il nemico s'assale dov'è, dove può ferirsi al core, per modo che non risorga. Napoleone marciava direttamente sulle Capitali: la tattica dell'insurrezione dev'esser la stessa; tentar la vittoria dove una vittoria prostra e dissolve le forze nemiche e trascina con sè i risultati più generali. Una, non dirò vittoria, ma battaglia vera sulla terra Lombarda, e l'insurrezione di tutta Italia, son cose identiche; e però s'anche la battaglia volgesse a sconfitta, la riserva della insurrezione avrebbe campo a ordinarsi nel centro e nel mezzogiorno: il nemico, indebolito, spossato dalla battaglia, collocato sopra un terreno vulcanico fumante e presto a riardere, mal potrebbe operare contr'essa. Ma una vittoria, tronca a un tratto dalla sua base la lunga linea, che il nemico spinge sino a Foligno e impedisce il concentramento: forse, se decisiva e compita in alcuni punti importanti, separa dalla loro vera primitiva base d'operazioni tutte quante le forze nemiche.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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