Molti bensì tra loro, i più forse, si mostravano titubanti, tentennanti sul come: consentivano nel fine, si dichiaravano incerti, sfiduciati sui mezzi: non mancava ad essi il core, mancava l'intelletto della rivoluzione.
Dichiaro io qui, prima d'andar oltre - e desidero che questa mia dichiarazione non sia dimenticata fuorchè dagli uomini di malafede, gazzettieri dell'Opinione e siffatti, dai quali è bello l'essere calunniati - ch'io non alludo a una classe intera, come non alludo a una sola città. Del vizio ch'io noto son tocche Ancona, Bologna, Firenze come Milano, e non esclusivamente le classi che chiamano medie, ma frazioni importanti di tutte classi, dal patriziato fino agli uomini che vivono col lavoro delle loro braccia. Ventura somma è per noi che non s'agitino in Italia, come in Francia o in Inghilterra, odii o distinzioni di classi, e che un governo Nazionale possa, quando che sia, provvedere ai diritti del povero, e sciogliere quetamente i più ardui problemi sociali, senza trapassare tutto quel trambusto, pregno di sangue e risse civili, che sotto nome usurpato di socialismo minaccia oltr'Alpi di convertire la santa dottrina d'associazione in rapina, e la nostra fede di libero progresso e d'amore in tirannide d'egoismo ordinario. La comune oppressione ha generato fratellanza comune: il prete cattolico e il pensatore, il proprietario e il popolano hanno segnato col loro sangue sul palco un patto, che l'anime hanno raccolto e che manterranno nei giorni di redenzione.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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