Prima loro piaga è l'orgoglio; non l'orgoglio che a me, incanutito, rigonfia l'anima giovane tuttavia, l'orgoglio del nome e dell'avvenire italiano, l'orgoglio del guanto gittato solennemente da noi a quanti s'adoprano a tenerlo prostrato nel fango, ma l'orgogliuzzo dell'io, l'orgogliuzzo saccente, cresciuto su qualche pagina di Jomini o di Machiavelli; l'orgogliuzzo che, senza attentarsi di guidare, s'irrita all'idea di seguire, che arrossisce, quasi côlto in fallo, quando il core s'è sollevato, memore a una parola d'entusiasmo e di fede; che rinnega le grandi speranze e le ispirazioni d'azione mormorate al loro orecchio dal Dio dell'Italia, quando l'anima loro era vergine, più potente d'intuizione e migliore che oggi non è. Seconda piaga è l'inaridirsi in una atmosfera artificiale di libri e d'uomini, morti senza scendere a ritemprarsi tra il popolo sul quale lo istinto non allacciato da erudizioni, e l'amore e l'odio versano più gran parte di verità che non sul gabinetto del letterato. Non lo studiano, non lo conoscono, e ne diffidano. E mi dicevano ch'io m'esagerava le tendenze e le capacità delle moltitudini, alle quali, senza eccitamento di eventi stranieri e insurrezioni di mezza Europa, sarebbe stato impossibile persuadere d'entrar nella lotta.
Interrogai, non per convincermi, ma per convincerli, le moltitudini.
Non dirò il come; e ognuno intende il perchè. Ma affermo solennemente e come s'io parlassi a Dio stesso, che dal popolo, esplorato interrogato in tutte le frazioni che lo compongono, non escì che una sola risposta: azione, azione immediata: date chi guidi, agiremo tutti.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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