Diedi quella parte d'opera che mi fu chiesta: scrissi un proclama che domandavano: provvidi perchè il moto, appena si mostrasse forte, fosse seguito altrove. E rifarò, dove occorra, le stesse cose. Altri, tra miei colleghi, fece lo stesso: e rifarebbe, è conforto il dirlo, occorrendo.
Perchè non fu eseguito il disegno, confessato certo nell'esito anche da chi dissentiva? Perchè una sola frazione di popolo oprò, mentre l'altre non si mostrarono? Nessuno, spero, tra gli onesti si aspetta ch'io, per compiacere a gazzettieri di corte, o di ciambellani in aspettativa, tradisca segreti che involgono vite e speranze future. Basta a me, al mio collega e a quanti fra gli esuli si adoperarono con noi, l'aver dichiarato, senza timore d'essere smentiti da quei che all'interno guidavano, che noi seguimmo e non provocammo, che diemmo ajuti, e non cenni a chi volea fare; che per noi si fece ciò che ci parve fosse debito nostro, e non s'impose ad altri di fare il loro. Bastino, a provare la vastità del disegno, la moltitudine d'elementi che s'agitavano in seno al popolo milanese e i pericoli che l'Austria corse, i terrori e le incertezze dell'Austria, le querele congiurate di tutte le monarchie, gli audaci fatti compiti dai pochi in Milano, l'attitudine tuttavia minacciosa dei popolani. E bastino a provare, per gli animi spassionati, il vero di quello ch'io prediceva sugli effetti inevitabili d'una prima vittoria italiana, le nuove, registrate di giorno in giorno dalle gazzette e dai decreti dei Generali Austriaci, sull'attitudine dei paesi stranieri, il fremito dell'Ungheria, della Transilvania, de' paesi Germanici, gli stati d'assedio e le proscrizioni.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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