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      E la tattica del Piemonte regio m'era pur nota d'antico. Io aveva provato ne' miei Cenni e Documenti sulla guerra regia, come quella malaugurata campagna fosse stata impresa, non per vincere, ma per impedire ogni via alla repubblica, e conquistare un precedente alla monarchia per ogni caso futuro di vittoria altrui. Io sapeva come la seconda guerra fosse stata intimata per tema che Roma repubblicana covasse - e lo covava difatti - il disegno di ricominciare entro l'anno l'impresa per conto d'una migliore bandiera. E d'allora in poi tattica tradizionale e invariabile della parte monarchica era stata di far credere in disegni occulti di guerra e d'indipendenza per sottrarre elementi all'iniziativa repubblicana e impedirla; e a un tempo di tenersi pronta a confiscare a profitto proprio un moto, che prorompesse vittoriosamente per opera d'altri; librarsi tra i due partiti tanto da raccogliere, senza rischio proprio anteriore, l'eredità di qualunque tra i due soccombesse, il favore o i dominî attuali dell'Austria. Ond'io, ad uomini della Camera piemontese ed altri arcadi della politica, che m'interrogavano, e sembravano in buona fede sperare nella loro monarchia per la cacciata dell'Austria, andava dicendo a ogni tratto:
      io non nutro le vostre speranze; ma voi che v'ostinate a credere l'armi della monarchia vostra essenziali alla liberazione del paese, perchè non entrate al lavoro con noi? La vostra monarchia non si moverà, se pur mai, che dopo consumata una vittoria di popolo sulle barricate.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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