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      Pur duravano illusi. Ma oggi, dopo gli atti nefandi usati con italiani, accusati non d'altro che d'aver voluto, tentato, desiderato - anzi per taluni neppur quest'ultima colpa è reale - giovare all'emancipazione della Lombardia: poi che vedemmo perquisiti, imprigionati, ammanettati come malfattori e deportati in America giovani, sospettati d'aver cospirato contro l'Austria: noi abbiamo diritto di dire ai regi:
      rimanetevi ormai sulla via nella quale siete entrati: non è men trista dell'antica, ma è più leale. Non cercate illudere con promesse e speranze, prima falsate che date, i deboli che vi credono forti: non alimentate colla stampa o nel segreto un odio, che trattate come delitto quando intende a svelarsi. A voi, volendo pur essere piemontesi e non italiani bastava disarmare, impedire quei che, varcando la vostra frontiera, correvano in ajuto ai loro fratelli. Il furore di persecuzione spiegato contro uomini emigrati sulla vostra terra, perchè a voi piacque abbandonar Milano nel 1848, v'accusa ligi dell'Austria o tremanti dell'Austria: tristi o codardi. Nel primo caso, noi non possiamo aspettarci che tradimenti da voi; nel secondo, chi mai può sperare iniziativa di guerra da un governo che, per terrore d'essere assalito, accetta disonorarsi, dando alla prigione e all'esilio quei che l'Austria non può dare al patibolo?"
      Da questo dilemma, presentato e senza confutazione possibile, sgorgarono tutte le contumelie e calunnie versate, come bava di serpente irritato, sul mio nome, su' miei fatti, sulle mie intenzioni dall'Opinione, dalla Gazzetta del Popolo e da tutta la stampa regia o aristocratica del Piemonte.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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