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      Feci, da quando fondai la Giovine Italia, due promesse a me stesso: ch'io non manderei a stampa una sola linea di politica senza il mio nome, e ch'io, avverso più o meno a tutti i governi che esistono, concederei, senza farne caso, ai governi e agli agenti loro d'essermi ostili e di calunniarmi; agli altri di male interpretare, senza irritarmi, un'attività che vive, forzatamente e senza colpa mia, nel segreto. Mantenni la doppia promessa; e i più, spero, ricorderanno, che delle accuse avventate alla mia vita in questi venti anni da governi e governucci, da scrittori malati di vanità offesa, da birri libellisti e romanzieri infelici, da commissariucci di polizie fallite senza speranza, e da gazzettieri pagati o in candidatura di paga, tutti irritati del vedermi sempre lo stesso e disperati d'atterrirmi o comprarmi, io potrei fare una serie interminabile di volumi, mentr'essi delle mie difese non potrebbero far tre pagine. Ma protesterò, per debito non tanto a me, quanto a tutti gli onesti che furono o saranno tormentati santamente d'una santa idea e incontrarono o incontreranno la stessa calunnia, contro una sola: ed è quella d'ambizione personale e d'aspirazione a esercitare una dittatura qualunque. E a questa accusa, tristissima fra le tristi, diede occasione il sistema logico d'insurrezione ch'io ho accennato alcune pagine addietro.
      Tristissima fra le tristi: perchè se a un uomo non è concesso tra voi di sostenere un'opinione politica agitata da secoli, senza ch'altri gli dica: tu intendi a farti di quell'opinione sgabello al potere - o di predicarvi che l'epoca matura nuove credenze trasformatrici e purificatrici delle vecchie, senza che gli si susurri all'orecchio: tu aspiri ad essere rivelatore e pontefice - meglio è dichiararvi addirittura fautori del voto d'ostracismo, che il contadino dava ad Aristide, perchè gli era noja l'udirlo salutato del nome di giusto, e decretare la cicuta ad ogni Socrate che s'attenti annunziarvi un Dio ignoto; e gemo pensando al pianto e al sangue versato, nelle età che furono, per questa invida, ingiusta, funestissima diffidenza.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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