Quella di avervi così usurpata fama di progressista? di piantare scuola innocente di contemplatori, di confortarvi i sonni della coscienza, paga di sentirsi inoltrata teoricamente? Era una menzogna? una millanteria? un'aristocrazia intellettuale? Per me era la vita, una religione, un'unità di pensiero e d'azione, un'impresa d'emancipazione patria che noi giuravamo. Eravamo uomini che, nudriti di tradizioni, di presentimenti, commossi d'ira santa, di vergogna, d'orgoglio italiano, di dignità d'anime offese, dicevamo l'uno all'altro: "Noi ci affratelliamo per far quello che la Spagna ha fatto, che la Grecia ha fatto, che l'America ha fatto, che tutte le nazioni schiave hanno fatto: conquistarci con idee nostre, con armi nostre, con sacrificî nostri la patria." - Io prendeva la cosa sul serio e vi dedicava la vita. Ma voi, voi giovani lombardi allora, ora uomini, avete serbato, serbate oggi, fede al concetto? Noi, partito, noi più inoltrati, più santamente devoti - lo dicevamo almeno - non abbiamo mai osato prendere l'iniziativa. Cospiratori eterni, oggi per introdurre libri, il dì dopo per organizzare, il terzo per opposizioni passive, abbiamo cacciato nei giovani idee e furore di patria, per poi assistere muti alle loro persecuzioni, al loro supplizio. Abbiamo fatta propaganda nel popolo e propaganda d'odio e di aspirazioni nazionali, per poi dirgli: "ora rassegnati e aspetta la Francia." - Abbiamo magnificato il nostro paese, le nostre piaghe, il nostro fremer di schiavi all'estero, perchè poi l'estero meravigliasse dell'udire i servi frementi, predicatori, sotto il bastone, d'inerzia sistematica e di rassegnazione codarda, a ricevere, quando che sia, libertà da altri.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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