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      Il concetto della Monarchia sarebbe stato, per poco ch'essa facesse, seguito. Bisognava dunque impaurirla, sospenderle sul capo la spada di Damocle, farla credere nella necessità di andare innanzi a seconda degli istinti del paese, o perire: e per questo bisognava ordinare la minoranza che mi seguiva, a protesta e minaccia continua in nome dell'Unità repubblicana: o riescivamo in uno dei tentativi ad afferrare il ciuffo della fortuna, a cogliere un momento propizio e fecondo d'entusiasmo popolare e potevamo conquistare Unità e a un tempo Repubblica: - o gli Italiani non erano maturi per emanciparsi(69) in nome d'un principio senza cooperazione di re e avremmo, accennando continuamente a fare, costretto la monarchia ad andare oltre i termini prestabiliti, a darci almeno l'Unità Nazionale.
      Taluni fra i nostri m'accusarono, più dopo, d'aver deviato, ammettendo ne' miei calcoli che si potesse trarre partito dalle opere della Monarchia. Gli scritti coi quali io chiamava il Partito a trasformarsi sistematicamente in Partito d'Azione non parlano di Monarchia ed escludono quindi il rimprovero. Ma quanto alle ipotesi della mente, esse furono purtroppo giustificate dai fatti. L'iniziativa fu presa, coll'ajuto dello straniero, dalla Monarchia: i repubblicani non ne furono capaci. Se quanti allora ciarlavano di repubblica avessero dato opera a ordinarsi, a disciplinarsi, a raccogliere mezzi, ad armarsi per fare, noi non avremmo forse oggi sulla fronte della povera Italia le vergogne di Nizza, di Lissa e Custoza e della perenne soggezione all'influenza straniera.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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