Dichiarano:
che la deviazione dal principio Repubblicano, come bandiera di redenzione futura Italiana, colpa grave in ogni parte del territorio Italiano, è infamia e vergogna in Roma:
che questa deviazione tradisce Roma, alla quale rapisce l'iniziativa morale, ch'è suo dovere e diritto nella Nazione; tradisce l'Italia che guardava a Roma come depositaria della tradizione repubblicana; tradisce l'Azione che non può escire se non da una bandiera di popolo:
che il fare retrocedere il Partito Nazionale sino alla politica senza nome del 1848, dopo che i fatti hanno dato a quella politica una nota incancellabile d'infamia colla cessione di Milano e col tradimento di Novara, è opera di manifesta ignoranza, o di mala fede:
che la bandiera repubblicana non rappresenta un interesse particolare in Italia, ma l'interesse, la missione, l'avvenire e l'unità della Nazione, mentre la bandiera che porta scritta l'unica parola d'Indipendenza, bandiera regia senza coraggio di dirsi tale, non rappresenta se non federalismo, interessi dinastici, discordia tra il fine e i mezzi, e quindi impotenza assoluta a combattere e vincere:
Protestano in conseguenza contro il mutamento tentato, contro l'inganno fatto a un Popolo, che meritò l'ammirazione dell'Europa combattendo per la Repubblica; contro ogni atto emanato o che emanerà dal Comitato fusionista novellamente istallato; e lasciando che la responsabilità dello scandalo d'un'apparente discordi e ricada su chi lo promosse, si assumono di far noto al popolo di Roma e Provincie l'inganno e la delusione di cui è vittima in oggi.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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