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      Ma i nomi, le memorie, le grande imagini, se non sono applicate alla vita, e migliorate, ed emulate, sono come quell'armi che stanno attaccate alle pareti delle sale: arrugginiscono se non le adopri. Noi non parliamo certo a chi siede tra le rovine e inalza l'inno di disperazione; però che si tratta di confortar gli uomini a osare, anzichè travolgerli nella inerzia. La patria, come la donna amata, può non essere talora stimata: vilipesa non mai! E noi, questa patria caduta, questa bella giacente, noi la circondiamo di tanto affetto, che la vita intera e la morte non varranno a svelarne la menoma parte. Forse, s'essa fosse fiorente di bellezza e di gloria, noi l'ameremmo d'un affetto men caldo e santo: ma non si torna a vita lo scheletro, incoronandolo di rose - nè quelle dive anime incontaminate di Catone e di Tacito adonestavano le colpe de' loro concittadini, ma le flagellavano a sangue. Che se l'orgoglio insuperbisse a taluno nel petto, è grande, ben più che illudersi sulla patria il dire: la patria è caduta e noi la faremo risorgere.
      Noi insistiamo sovente sul nostro simbolo di progresso e d'indipendenza, anche a rischio di vederci accusati d'audacia, perchè l'uomo senza credenza non è veramente uomo, e colui che l'ha e non s'attenta bandirla, è men ch'uomo - perchè pur troppo v'è una gente che alla menoma reticenza sospetta prave intenzioni, una gente il cui studio è quello di introdurre un lembo della loro veste macchiata, sotto la toga candida, incontaminata dell'apostolo della verità - perchè infine noi esponiamo le nostre credenze come il programma delle azioni future.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





Catone Tacito