Poi, il sospetto, il freddo mortale sospetto insorge; la gioventù intende confusamente, che non v'è il potente alla testa; la gioventù freme ma tacitamente, però che il ribellarsi, il tumultuare, il cacciarsi innanzi da sè le frutterebbe taccia d'ambiziosa, d'irrequieta, d'incontentabile. La libertà s'affaccia ad essa così pura, così santa, che il grido della rivolta pare contaminarla. Intanto lo spirito pubblico si deprime; la diffidenza si stende; le voci di tradimento serpeggiano nelle moltitudini; i partiti si formano; e il nemico innoltra, profittando d'ogni cosa. - Poi, quando il momento della crisi è giunto, l'anatema ai capi s'innalza potente, ma è tardi; il precipizio è aperto, la rovina è inevitabile. Spento il coraggio, che dà la vittoria, rimarrebbe ai giovani il sagrifizio. Ma il sagrifizio per chi? Per nulla? Per quei che hanno minato, distrutto l'opera generosa? E senza speranza d'esito favorevole? - Allora un freddo s'apprende al core; allora un senso di stanchezza, di sconforto, di misantropia, s'insignorisce della facoltà; allora vien la bestemmia, la sterile, disperata bestemmia. Ecco anime perdute! Maledizione a chi le ha perdute! Maledizione a chi non seppe trarne cosa alcuna a pro della umanità!
Io lo chiedo ai giovani italiani. Quanti fra loro non hanno subìto la progressione di questi pensieri? Quanti fra loro non sentirono un palpito nell'anima, non balzarono di gioja generosa all'idea del pericolo? Chi è tra loro che non salutasse colla fede dell'avvenire il mattino, il fresco mattino, vegliato al sorgere sovra una rupe, colla bandiera al vento, la vedetta in distanza, un pensiero alla donna del suo core, e una palla pel primo soldato austriaco?
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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