Chi riunirà i voti di ventisei milioni d'uomini, divisi per secoli, per gare, per ambizioni, per corruttela di favella, per usi, per leggi, per re? Chi spegnerà il vecchio lievito di spirito provinciale, che un mezzo secolo di predicazione ha sopito e logorato, ma non tanto che non appaja talora, e che, risuscitato, non potesse farsi tremendo? - Un re tra gli attuali? Vergogna e scherno! Qual è fra i tirannetti italiani, che non abbia col sangue dei sudditi segnato il patto coll'Austria? Qual è quei, che il passato non separi violentemente e inesorabilmente dal suo popolo e dall'avvenire? - Un solo forse poteva assumer l'impresa. Era macchiato d'uno spergiuro; ma l'Italia s'offriva a dimenticarlo. Fu un punto solo. Nol volle; e fu meglio per noi! Ma chi è oggi fra i nostri principi che presuma stender la mano a quella corona, ch'egli non seppe raccogliere? Oh! la mano gli arderebbe, però che su quella mano, qualunque essa siasi, sta rappreso sangue d'Italia e di liberi! Chi è che dimostri, non dirò amore di patria o di libertà, ma ambizione deliberata nelle vie da scegliersi, ambizione d'uomo che sa - se tra lui e la cosa voluta sta la morte - affrontarla senza esitare? Ambizioni inette, meschine; uomini deboli per paura, e stolidamente feroci. Poi, la questione si riduce a due soli dei nostri principi, perchè, dove non sono eserciti, chi vorrebbe formare un pensiero di conquista italiana? Tra quei due, la questione è rapidamente decisa, o meglio, non v'è questione possibile.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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