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      Non che per noi si credano egualmente convalidate di forti argomenti le due sentenze. L'opinione che predica il sistema federativo ci sembra generata da una strana confusione d'idee e di vocaboli(86), che forse non dura se non perchè pochi la discussero freddamente, e vergini di pregiudizî(87); poi da quel senso di sfiduciamento che s'è coi secoli di servaggio inviscerato negli Italiani, e li indugia sui confini del nuovo stato in continue transazioni col vecchio che pur vorrebbero struggere. Ma è questione che vezzeggia e sollecita l'individualismo, potentissimo anch'oggi in Italia: questione che si nutre di tutte quelle gelosie, gare e vanità di città, di provincie, di municipî, passioncelle abbiette e meschine che brulicano nella Penisola, come vermi nel cadavere d'un generoso che cinquecento anni di debolezza e cinquanta di predicazione non hanno potuto spegnere, e che la grande esplosione rivoluzionaria potrà sola sperdere nella manifestazione solenne dell'unità nazionale. E a deciderla converrebbe scendere coi libri delle nostre storie alla mano in un campo d'ingratissima realtà a tesser gli annali delle mille ambizioni e influenze provinciali, aristocrazia di località più tremenda assai della aristocrazia dell'oro o del sangue, perchè dove queste si rivelano esose e assurde, quella assume aspetto di spirito generosamente patrio - risalire alla sorgente comune, la divisione dell'Italia in più Stati - poi seguirne lo sviluppo inseparabile dalle nostre sciagure - e mostrare come da più secoli la tendenza frazionaria e il decadimento italiano camminino su due parallele - e svolgere le conseguenze favorevoli al commercio, all'industria, all'arti e alle lettere che verrebbero dal concetto unitario - ed esporre intero il piano d'ordinamento sociale per cui la vita e l'impulso allo sviluppo progressivo e la direzione armonica dei lavori hanno a propagarsi dal contro alle menome parti, senza incepparne la libertà, senza violarne l'indipendenza, senza isterilirne le potenze speciali: tesi vasta ed organica che le angustie del tempo ci vietano e che noi non tratteremo che a cenni.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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