La Nazione è un fatto nuovo che non può trovare la propria espressione se non in un PATTO NAZIONALE dettato da una Costituente Italiana in Roma, in un ordinamento di armi cittadine da un punto all'altro del paese, in una politica italiana emancipata da tutte protezioni e ingerenze straniere, in una guerra arditamente impresa con un intento Europeo pel Veneto, e in un Governo, non di consorteria, ma di popolo, senza esclusione fuorchè degli avversi all'Unità della Patria. Se chi regge s'ostina a contenderci siffatte cose, avremo crisi e riazioni inevitabili di popolazioni deluse. Importa che in quelle crisi non corra rischio d'andar sommersa l'immensa conquista dell'Unità. Importa che l'idea s'addentri di tanto nel popolo da immedesimarsi colla sua vita ed escire più splendida di potenza e di fede da ogni rivolgimento d'eventi.
L'Unità era ed è nei fati d'Italia. Ad essa, come a intento supremo, accenna - fin da quando il germe della nazionalità Italiana fu cacciato dalle tribù Sabelliche nella regione Abruzzese tra le nevi del Majella, il Gran Sasso d'Italia, umbilicus Italiæ, e l'Aterno - il lento ma continuo e invincibile moto della nostra Civiltà: lento come quello che doveva tra via, prima di giungere a fondar la Nazione, conquistare due volte il Mondo; ma continuo d'epoca in epoca attraverso la lotta dell'elemento popolare contro tutte aristocrazie straniere e domestiche, e invincibile davvero dacchè nè le religioni mutate nè le invasioni di tutte le genti d'Europa nè lunghi periodi di barbarie e rovina valsero ad arrestarlo.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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