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      L'assenza d'ogni manifestazione visibile di progresso gli parve a torto negazione di progresso. Colla caduta di Firenze ei vide conchiusa la storia d'Italia; e quando gli vagavano per la mente imagini d'una Italia vivente, ei le giudicava colle norme desunte dallo studio dei Guelfi e dei Ghibellini. Quindi i suoi terrori, simili a quelli coi quali dimenticando Sarpi, Venezia, Leopoldo, tutto il decimo ottavo secolo e il materialismo francese anche di soverchio invadente, ei travedeva ne' suoi ultimi anni, in virtù di ricordi e fatti isolati, onnipotente il Cattolicesimo.
      Agli uomini i quali, come Sismondi, s'atterriscono del riapparire probabile delle razze diverse in Italia, io vorrei chiedere d'indicarmi su questa terra dove le razze non cessarono mai dal primo loro apparire di frammischiarsi, di confondersi e assimilarsi, una sola zona nella quale una sola d'esse in oggi predomini; vorrei m'additassero una sola diversità fra gli Italiani lombardi, romani, napoletani, che non possa additarsi in Francia, omogenea fra tutte le nazioni, fra gli uomini dei Pirinei, della Bretagna, della Normandia e della Provenza. Tra noi le rivalità cessarono colla guerra. Trecento anni di oppressione comune hanno dato a tutti noi condizioni identiche di vita e di morte. Esistono in Italia elementi pel Comune, associazione naturale, non per le aggregazioni artificiali di Stati e Provincie.
      Per una apparente contradizione perfettamente spiegata dalla vanità compagna inseparabile della mediocrità, la diffidenza e le gare rivali, alle quali accenna paurosamente Sismondi, s'agitano talora tuttavia irrequiete fra i semi-pensatori politici e letterarî ai quali l'Italia va debitrice d'influenze e di scuole straniere e che stendono sulla nazione uno strato superficiale oltre il quale pochi s'addentrano: in essi almeno vive una tendenza ad ammettere siccome reali e ingigantir quelle gare.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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