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      La vita del potere centrale illanguidisce naturalmente in proporzione inversa delle distanze: la vita locale ha mille vie per sottrarre i proprî moti a una autorità lontana, la cui vigilanza s'esercita da individui poco informati d'uomini e cose. Nessuna tirannide fu più tormentosa di minuzie e insistenza di quella che nel medio evo tenne parecchie delle nostre città: nessuna più di quella che funestò in tempi più vicini a noi il piccolo Ducato di Modena. La libertà può ordinarsi in uno Stato piccolo o vasto: le violazioni della libertà sono innegabilmente più facili nel piccolo. Parlo d'usurpazione cittadina: quella che s'esercita sopra una razza da una razza straniera conquistatrice degenera quasi sempre in tirannide, eguale ovunque, di soldatesca.
      Ma la questione, semplice se come ogni altra si richiami ai principî dominatori, fu resa complessa, intricata e ingombra d'apparenti difficoltà da quei che s'adoprarono a scioglierla senza definire prima a sè stessi la missione dello stato e il campo nel quale vive e deve esercitarsi la Libertà. Gli uni, guardando al primo come al Podestà senza ufficio da quello infuori di proteggere i diritti di ciascuno e impedire che il loro esercizio prorompa in guerra reciproca, ridussero la funzione dello Stato a quella di gendarme e fecero della Libertà mezzo e fine ad un tempo: gli altri, guardando sdegnosi alla Libertà come a facoltà sterile e tendente per sè all'anarchia, la sagrificarono all'elemento collettivo e ordinarono lo Stato a una tirannide di concentramento diretta a bene, pur sempre tirannide.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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