L'Italia sarebbe capace di dodici Regioni incirca, suddivise in Distretti. Ogni Regione conterrebbe cento Comuni a un dipresso, ciascuno dei quali non avrebbe meno di ventimila abitanti. Le suddivisioni parrocchiali o altre da costituirsi in ogni Comune non sarebbero, come dissi, che semplici circoscrizioni territoriali il cui lavoro s'accentrerebbe al capoluogo del Comune; e questa divisione potrebbe forse, come nelle townships del nord degli Stati Uniti Americani, armonizzarsi col riparto delle scuole presso le quali potrebbero accentrarsi i registri civici. Le Autorità Regionali e quelle del Comune escirebbero dall'elezione. Un Commissario del Governo risiederebbe nel Capoluogo della Regione. I Comuni accentrati alla Regione, non ne avrebbero bisogno: i loro magistrati supremi rappresenterebbe a un tempo la missione locale e quella della Nazione. Soltanto il Governo manderebbe di tempo in tempo, a guisa di missi dominici, Ispettori straordinarî a verificare se l'armonia fra i due elementi della vita Nazionale si mantenga o si rompa. Ordinamento siffatto spegnerebbe, parmi, il localismo gretto, darebbe all'unità secondarie forze sufficienti per tradurre in atto ogni progresso possibile nella loro sfera e farebbe più semplice e spedito d'assai l'andamento, oggi intricatissimo e lento della cosa pubblica. La piccola provincia, nella quale soltanto la libertà può essere praticamente esercitata e sentita, sottentrerebbe alla grande e artificiale Provincia nella quale possono più facilmente educarsi germi di federalismo e d'aristocrazie smembratrici.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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