II.
Ogni Rivoluzione è l'opera d'un principio accettato come argomento di fede. Invochi essa la Nazionalità, la Libertà, l'Eguaglianza, la Religione, essa si compie pur sempre in nome d'un Principio, cioè d'una grande verità che, riconosciuta, approvata dalla maggioranza degli abitanti d'un paese, costituisce credenza comune e affaccia un nuovo fine alle moltitudini quando il Potere non lo rappresenta o lo nega. Una Rivoluzione, violenta o pacifica, racchiude una negazione e una affermazione: negazione d'un ordine di cose esistente, affermazione d'un nuovo ordine da sostituirsi. Una Rivoluzione dichiara che lo Stato è guasto, che il suo meccanismo non è più in relazione coi bisogni del massimo numero dei cittadini, che le sue istituzioni sono impotenti a dirigere il moto generale, che il pensiero sociale, popolare, ha oltrepassato il principio vitale di quelle istituzioni, che il nuovo grado di sviluppo delle facoltà nazionali non trova espressione e rappresentanza nella costituzione officiale del paese, e che gli è forza crearsela. La Rivoluzione la crea. Dacchè essa imprende ad accrescere non a diminuire il patrimonio della nazione, essa non viola le verità conquistate nè i diritti dichiarati sacri dalla maggioranza; ma riordina ogni cosa sulla nuova base: ricolloca in armonia intorno al nuovo principio tutti gli elementi, tutte le forze del paese; e comunica una direzione unitaria verso il nuovo fine a tutte le tendenze che si sfogavano prima in cerca di fini diversi. Allora, la Rivoluzione è compita.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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