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      Il primo tentativo per penetrare in Italia gli andò fallito: imprigionato, per opera d'un denunziatore, dal governo francese in Marsiglia, tornò, appena fu lasciato libero, in Inghilterra, di dove, ajutato, poich'ei lo voleva, di mezzi, ripartì lietamente per Malta e Corfù, con animo di ripatriare. Il luogo d'Italia dov'egli, per propria scelta, per invito d'altri, e per ingiunzione strettissima degli amici che gli spianavan la via, dovea cercar d'introdursi, non apparteneva ai dominî del governo napoletano. Era Ancona.
      Giunto sui primi di giugno in Corfù, Ricciotti si affratellò coi Bandiera. La loro mente ondeggiava allora tra il fare e il non fare, tra il mantenersi a Corfù finchè tutte speranze d'azione non fossero dileguate e il ridursi immediatamente, poverissimi com'erano, in Algeri dove speravano trovare impiego. L'idea d'uno sbarco in Calabria era a ogni modo abbandonata, e le ragioni addotte dall'amico li avevano persuasi a promettere ch'essi non agirebbero mai senza il nostro consenso, e s'uniformerebbero alle condizioni d'un disegno più vasto dipendente dalle mosse dell'interno d'Italia. Le rivelazioni di Ricciotti intorno all'intento prefisso al suo viaggio e al punto dov'egli intendeva recarsi, ridestarono in essi il desiderio d'un'azione immediata ma il vecchio progetto s'era di tanto rimosso dall'animo loro, ch'essi non pensavano se non ad accompagnarsi all'amico. "Ho abbracciato Ricciotti - mi scriveva, il 6 giugno, Attilio - e si farà il possibile per ispingerlo al suo destino.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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