Deploreremo immaturi i tempi e ineguali gl'intelletti al concetto che solo può svolgere la terza Italia, l'ITALIA DEL POPOLO; rivendicheremo, come s'addice a uomini liberi, diritto di pacifica espressione alle nostre dottrine; ma rispetteremo la monarchia ringiovanita per battesimo popolare e la federazione escita dal libero voto della nazione. Avremo almeno una patria. Oggi non abbiamo che cadaveri di monarchie, governucci inetti o tirannici, e gran parte della nostra terra in mano dell'Austria.
XVII.
In mano dell'Austria! È parola questa, o giovani, che suona insulto a noi tutti, e non dovrebbe lasciar nell'anima vostra campo a pensieri fuorchè di guerra nè a me conceder parole fuorchè di guerra. La terra lombarda è schiava. Il croato ride stolidamente feroce in Milano dei nostri libri, dei nostri circoli, del nostro cinguettìo di sofisti. Libertà! Noi non possiamo, non che applicare, intendere, proferir degnamente la santa parola col marchio dell'impotenza e della schiavitù sulla fronte. Noi non possiamo avere, non meritiamo costituente, nè patria, nè diritti, nè nome d'uomini, finchè la nostra bandiera non sventoli, terrore ai nemici e pegno di salute pei figli alle nostre madri, sull'Alpi.
Io non so se il lungo esilio testè ricominciato, la vita non confortata fuorchè d'affetti lontani o contesi, e la speranza lungamente protratta e il desiderio che incomincia a farmisi supremo di dormire finalmente in pace, dacchè non ho potuto vivere, in terra mia, m'irritino, e nol credo, l'anima nata ad amare e per lunga prova incapacissima d'odio; ma so che, perchè noi potessimo dirci degni di libertà, questo grido di guerra all'Austria! dovrebbe essere oggimai la giaculatoria del credente nella patria, la voce per la quale, dentro e fuori del paese, l'italiano si riconoscesse d'una terra coll'italiano, il motto di comunione che corresse da un capo all'altro della penisola ed oltre, potente e rapido come il fluido che alimenta sotterraneo i nostri vulcani, sì che ne escisse tremoto, e le passioni sobbollissero come lava, e l'Etna in eruzione rimanesse simbolo convenevole agli sdegni e al levarsi d'Italia.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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