(155)).
Molti esuli del partito d'azione avevano pubblicamente dichiarato che se la guerra fosse stata iniziata e condotta da Napoleone, non vi avrebbero preso parte; ma quando videro muover prima l'Austria e gli Stati d'Italia insorgere in nome della libertà, abbandonarono tosto il primo proposito, chè in cima ai loro pensieri tenevano quello dell'unità della patria. "E Giuseppe Mazzini diè mano - come uomo di stato nel più alto senso della parola, ed esperto misuratore dei rapporti possibili fra il suo Ideale e la realtà - a promuovere, con ogni poter suo, nell'elemento italiano del moto, caratteri recisamente nazionali ed unitarî"(156)).
Giunto in Toscana, rincorò i patrioti, che erano indignati e stupiti per l'inattesa tregua di Villafranca, con la singolare efficacia della sua parola, e formulò un nuovo piano d'insurrezione in questo semplice motto: al centro mirando al sud; invasione cioè dell'Umbria e dello Stato Romano per muovere quindi verso il regno delle Due Sicilie. E sebbene egli e gli altri suoi compagni d'azione avessero lealmente dichiarato di tacer di repubblica se la monarchia piemontese si fosse dichiarata alla sua volta unitaria e si fosse attivamente accinta all'opera, furono, ciò non ostante, cercati, perseguitati dalla polizia come traditori e peggio. Al Saffi, giunto a Torino, fu intimato di ripassare entro ventiquattr'ore la frontiera. Sicchè alcuni si affrettarono a riprendere la via dell'esilio, altri si nascosero, mentre altri ancora, o meno cauti o più fidenti, venivano chiusi in carcere(157)).
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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